Non me ne vogliano gli amici a qualsiasi titolo coinvolti, ma io sono per l’abolizione di ogni cattedra di “informatica giuridica” perché non si è insegnato nulla.
Premesso che l’informatica giuridica è, come dice Wikipedia, “ la disciplina che utilizza i calcolatori elettronici nel campo del diritto”, possiamo dire che ha a che fare anche con l’informatizzazione della giustizia. E di questo voglio parlare.
Ma qui si palesano subito le note dolenti. Un esempio, che ho personalmente patito sulla mia pelle, ieri in Procura a Genova.
Molti sanno del recente accorpamento di alcuni uffici giudiziari. Chiavari, ad esempio, è stato assorbito da Genova, e, però, i registri informatizzati delle due procure viaggiano su sistemi diversi, incompatibili. Il sistema di Genova non può gestire il database di Chiavari, così si devono utilizzare due applicazioni differenti, a seconda del registro, con le immaginabili ricadute sulla Giustizia. Un’assurdità.
Dunque, malgrado i mille proclami, informatica e diritto non sembrano andare proprio d’accordo: sia per il solito andazzo italico della cosa pubblica, sia per colpa degli operatori, tutti, che sono sempre dolosamente infolesi oltre che presuntuosi, almeno qui da noi.
Quanto al primo aspetto, da tanti anni si discute del processo telematico, in mille convegni e con gente che si parla sempre di più addosso. Quello civile dovrebbe essere pienamente operativo, ma le incertezze sono ancora tante perché i piani hanno patito mille rallentamenti. Quello penale è in fase di sperimentazione e, personalmente, non prevedo tempi brevi.
Quanto alla cultura informatica degli operatori del diritto (anche dei “referenti” che dovrebbero trainare i progetti di informatizzazione), non basta avere lo smartphone o il tablet di ultima generazione e dal brand di appeal per poter comprendere e maneggiare gli strumenti tecnologici
I dispositivi troppo friendly rendono, in verità, la macchina assolutamente impenetrabile oltre la colorata interfaccia utente. Ecco perché, senza una vera cultura tecnologica, non si può andare al di là delle icone, nella realtà che non è in cambiamento, ma è già rivoluzionata.
A bene vedere, è il solito problema del digital divide, altra espressione di cui molti si riempiono la bocca senza sapere bene di cosa blaterano. E il circolo, vizioso, si chiude.
Io voglio poter inviare i miei atti, almeno agli uffici giudiziari (lasciamo perdere i privati, in primis i Colleghi), con una PEC e una firma digitale. Non chiedo tanto, gli strumenti già li abbiamo, manca la volontà di una sistema vecchio che non vuole togliersi la polvere di dosso intriso com’è di cieco misoneismo. Addirittura, ancora oggi non mi è possibile usare il fax, mezzo che, però, nel penale è consentito a giudici e pm.
E tutto ciò è fortemente frustrante, antieconomico… ingiusto.